lunedì 22 febbraio 2016

I miei uomini #5: Theo

"Apparentemente timido, dolce, balbetta e arrossisce quando gli si rivolge la parola. Ma di notte, si trasforma in un uomo imprevedibile pieno di furia" - dal blog "La mia biblioteca romantica”


Care consorelle e confratelli,
all’interno della villa di “Spettabile Demone”, dove Iris dovrà svolgere un lavoro per ottenere in cambio tre milioni di euro, vivono cinque misteriosi e bellissimi personaggi, e forse è quello “all’esterno”, per la sua doppiezza, il più mutevole di tutti.
Il giardiniere Theo si presenta all’apparenza come il collaboratore di Bastian più tenero e remissivo, ed è così che inizialmente lo vediamo:

Solo in quel momento Iris si rese conto che qualcosa tra gli oleandri alla sua sinistra si stava muovendo e scorse una figura china tra le frasche con un paio di forbici in mano. Il giardiniere si alzò. Alto, biondo e con gli occhi azzurri. Ovviamente. I capelli gli scivolavano lisci fin sulle spalle e la barba incolta gli donava un aspetto selvatico che contrastava con i lineamenti dolci. Il sorriso e il cenno del capo furono impercettibili, ma Iris li accolse come un saluto, che ricambiò.
«Lui è Theo» esclamò Nadir, allungando il braccio verso quello che Gaia avrebbe sicuramente descritto come il lupo mannaro del gruppo. «Il giardiniere.» Chi l’avrebbe mai detto? E lo osservò quasi divertita mentre si infilava la punta delle dita della mano libera nella tasca anteriore dei jeans dondolandosi un poco, evidentemente imbarazzato. Ma poi, per cosa?
Mentre Damien e Nadir bofonchiavano di proteine e di un certo Zaccaria che era “di là”, Iris si soffermò ancora sull’immagine di Theo che si grattava un sopracciglio e si rimetteva al lavoro. Sì, il signor Blackdeeman si trattava decisamente bene.
Theo si voltò per un breve istante, poi tornò di scatto sulla pianta, lasciando comunque intravedere il lieve rossore di cui gli si era cosparso il viso al di sopra della barba. E non era stato per lo sforzo. Lì davanti, nell’era di Internet e dei viaggi spaziali, c’era un bel ragazzo così timido che era ancora capace di arrossire.
La constatazione la fece sorridere e se ne sentì quasi rassicurata. Non era possibile fingere di arrossire. Un po’ di sincerità, lì intorno, doveva pur esserci, dunque.

Le ultime parole famose… o forse no?

Forse era proprio così, nel bene e nel male, e avrebbe dovuto convincersi che, come riusciva a trovarla impreparata su piani negativi, lo avrebbe fatto anche su quelli positivi.

Di sicuro, Theo ci sorprenderà più volte nel corso della narrazione, perché, se di giorno è un angioletto balbuziente, di notte diventa un barbaro impetuoso. Del resto, è pure quello che con candore e purezza non tergiversa troppo con Iris in riferimento alla sua vera natura di demone, ed è per merito suo se in definiva l’eroina accetta il lavoro e questa storia può cominciare.

Accosciato presso un’aiuola, liberava la terra dalle piccole e inutili erbacce, a mani nude.
Lui alzò il capo per un breve istante, sorridendo, poi riabbassò lo sguardo sull’aiuola e afferrò le cesoie per eliminare dalla pianta qualche invisibile imperfezione.
«Buongiorno» gli disse.
Lui evitò di balbettare e le rimandò un nuovo cenno del capo e un nuovo sorriso. Un lieve rossore gli era salito alle guance, riportando alla mente di Iris l’idea di sincerità che le aveva trasmesso al primo sguardo. Così, d’istinto, uscì in giardino e si diresse verso di lui, scrutando con attenzione ogni suo movimento. Gaia probabilmente si sarebbe fidata di più di Edward mani di forbice, ma Iris rimase in silenzio a osservare le dita affusolate che, senza l’ausilio di guanti, si muovevano agili tra le frasche.
«Bisogna starci molto dietro?» proruppe.
«Mi p-piace» rispose lui.
«Sebastian dice che le mansioni che vi ha affidato vi aiutano a scaricare la tensione.»
«Io f-facevo il giardiniere anche p-prima di c-cadere.» Lui reggeva il gioco del padrone. Niente sincerità. Speranze deluse. E ovviamente non la guardava mai negli occhi. «V-vedo c-cose belle e mi r-rilasso.»
Volevo salutarti perché me ne vado.
No! Perché? Perché mai avrebbe dovuto sentirsi in dovere di comportarsi in maniera educata con un tizio che le aveva sbarrato la porta quando aveva tentato di fuggire? “Attenti al Theo!” avrebbero dovuto esibire sul cancello del giardino.
«La macchina è p-pronta» proseguì lui, sempre con lo sguardo rivolto alla pianta. «Hai già p-parlato con Bastian?»
Abituata al condizionatore della villa, l’aria del giardino le risultava troppo afosa. «Sto andando adesso.»
E fece per incamminarsi verso la porta, quando Theo la fermò.
«Aspetta!»
Quando si voltò verso di lui, vide uno scintillio fra le sue mani. Le dita di Theo iniziarono a plasmare qualcosa di mobile e luminoso e, mentre il cuore le batteva a mille, il fulcro di colori prese a poco a poco le sembianze di un fiore dai petali sottili e violetti. Per essere un gioco di prestigio era decisamente evoluto.
«C-come il tuo nome.» E le tese il fiore. Gli occhi aperti, dilatati, immobili, cristalli. «Iris.»
Lei allungò le dita verso quel magico dono e si sentì travolgere da un’ondata di emozioni. Forse “magico” non era la parola giusta. Non c’era niente di ricreato in tutto quello, per quanto fino a quel momento il fiore non fosse esistito. Perlomeno al di fuori del gioco. Non c’era niente di innaturale, se non una magia naturale. E adesso era lì, fra le sue mani, quella piccola cosa vera di cui Iris aveva avvertito il bisogno poco prima.
Un nodo di emozioni le serrava la gola, il respiro e la voce e, se avesse deciso di parlare in quel momento, avrebbe balbettato pure lei.
Aspirò il profumo dei petali e si perse nello sguardo celeste di Theo, così diverso da quello di carbone di Damien. Non avvertiva arrivare forzature dalla sua mente, se non un’ultima muta, reale, implorazione a restare. “Per il suo bene.”
E ogni pensiero sembrava voler frenare quello che le si accalcava contro la fronte, contro la gola, contro il respiro: l’idea che fosse tutto vero, che quel fiore fosse sul serio sbocciato dalle mani di Theo, del demone caduto Theo. Un bravo ragazzo che non meritava di stare lì.
E lei, lei se lo sarebbe meritato?
«Theo, dimmi la verità» riuscì infine a dire.
«C-cosa?» chiese lui.
«Chi siete?»
Lui deglutì e abbassò lo sguardo, ma lo rialzò presto nel suo. «Non hai c-creduto a Bastian?»
«Dovrei?» Rise, amara. «Per il mio bene? O solo per il vostro?»
«P-purtroppo io non ho un’altra v-verità.»
Era stato lui a “lasciarsi sfuggire” quella parola durante il trambusto della sua tentata fuga. Era stato lui a confessare candidamente quella che per Sebastian era la loro reale natura. Era inverosimile, non voleva crederci, ma più che i secondi scorrevano e più che si convinceva di tutto quanto.
Stava impazzendo pure lei?
Sì, dato che le sembrava sempre meno incosciente tentare, per tre milioni di euro.
Nessuno di loro voleva farle del male. Forse. O almeno fino allo scadere delle due settimane.
E poi, perché avrebbero dovuto farle del male? Non aveva scoperto niente di illegale, nessuno avrebbe dovuto tapparle la bocca per qualche motivo, uscita da lì. Nessuno le avrebbe creduto, se avesse raccontato quanto le era successo. E, se era tutto vero, le avrebbero persino cancellato la memoria.
Tre milioni di euro e quella villa.
Inspirò profondamente e tornò con lo sguardo sul fiore. «Non ci credo» disse.
«Lo so» fu l’unica risposta di Theo.
Avrebbe voluto mettersi a piangere di rabbia e disperazione, ma tornò sui suoi passi e bussò alla porta dello studio di Blackdeeman.

E, grazie a un piccolo fiore, questa lettera si scriverà. Arriverà al destinatario? Sortirà gli effetti desiderati? Lo potrete sapere solo continuando a leggere qui.
Che la Dea vi benedica 

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