giovedì 7 aprile 2016

Le mie donne #1: Dunia

"Ho sperato, sorriso, e mi sono emozionata insieme a Dunia (...), ho seguito ogni vicissitudine come se mi toccasse da vicino, come se ogni scelta presa potesse cambiare anche il mio destino. " - dal blog "Tratto rosa"


Care consorelle e confratelli,
come vi avevo anticipato qui qualche giorno fa, dato il successo della rubrica sui “miei uomini”, avrei aperto a breve uno spazio dedicato anche alle “mie donne”, ed eccomi dunque con la protagonista assoluta della mia trilogia sulle streghe: Dunia.
Si tratta di un personaggio molto particolare perché attraversa varie fasi da volume a volume, rapportandosi un po’ alla Dea ‘una e trina’: sorella (volume 1), sposa (volume2) e madre (volume 3).
Partendo dallo stato di ‘consorella’, si configura come la strega più battagliera della sua Congrega. Non ha un carattere facile: è polemica, ironica fino a sfiorare il sarcasmo e parecchio cocciuta. Per non parlare della temerarietà, che la porta spesso nei guai. Tuttavia, il suo istinto stregonico è molto forte e, se si butta a capofitto in qualcosa, è perché sicuramente si sta fidando di se stessa e delle persone con cui ha a che fare. Diversamente, si mantiene sul chi vive e disturba non poco gli antagonisti che vorrebbero raggirarla a loro modo senza riuscirci. Tanto che, persino quando si tradisce suo malgrado, ha la battuta pronta per lavarsene le mani:

«Ciao!»
Dunia si voltò per vedere chi mai Titania stesse salutando, e si rovesciò l’acqua sulle gambe. «Accidenti!» L’espressione accigliata dell’amica la lasciò perplessa. «Chi era?»
«Ramòn. È passato di qui» rispose Titania. «Aveva un saio nero col cappuccio, ma l’ho riconosciuto bene.»
«E allora?»
«Mi ha guardata negli occhi e non mi ha salutata» replicò, seccata. «Non è che non mi ha vista o ha fatto finta di non vedermi.»
Dunia sospirò. Nonostante il tempo e le vicissitudini, Titania non aveva ancora dimenticato l’ex amante. «Non è mai stato un tipo gentile.»
«Non mi è piaciuto per niente come mi ha guardata.»
«A me non è mai piaciuto in generale.» Dunia cercò di sistemarsi la borsa sulla spalla, ma, china sul lavandino, le cadeva in continuazione. «Con chi è andato quando ci ha lasciate?» Conficcò la borsa fra le ginocchia e tentò di estrarre la salvietta. «Per com’era fatto, c’è anche il caso si sia messo con quelli della Cabala. Mi terresti qui?» Asciugandosi seno e gambe, allungò la mano verso Titania e le consegnò la borsa. «Sai se Sabisto è ancora in contatto con lui?» Il silenzio di Titania la sbigottì. «Non mi ris...»
Ma, quando Dunia si voltò, Titania non c’era più. Al suo posto - e con la sua borsa fra le mani - c’era un tizio con degli strani orecchi da elfo che spuntavano dai capelli neri come la pece, e gli occhi color miele la stavano fissando incuriositi. Pareva un furetto, però era carino.
Da quanto tempo era lì? Cosa aveva sentito?
«È...» Dunia esitò. «È un gioco di ruolo.»

Nel corso del mystery che la vede in pericolo insieme alle consorelle, Dunia troverà spazio anche per l’amore, seppure quello con la “a” maiuscola faccia capolino in seguito, permettendo al personaggio di crescere pure come donna, una volta imparato a vedere il mondo con gli occhi del nemico. Crescita che prosegue con la maternità nel terzo volume, senza tuttavia farle perdere la sua natura combattiva.

Quando Dunia si era risvegliata, era stata male per circa dieci giorni, nonostante tutte le benedizioni e protezioni delle nuove consorelle e di Titania. Stanca, dolorante e stordita dalle continue somministrazioni di tisane calmanti. Il parto non era avvenuto in modo naturale, perché non c’era stata sufficiente dilatazione, e Dunia era sottoposta e piccoli collassi, soprattutto al mattino. Né era in grado di muoversi, né Jeremiah le avrebbe permesso di raggiungere in quello stato l’ambulatorio all’interno del Palazzo dove Isis era ospitata in incubatrice. Venivano a prelevarle il latte dal seno, e non le era ancora stato permesso di vederla.
Nonostante le sue condizioni, scoppiava spesso in sfoghi di rabbia nei confronti di Jeremiah, Titania, Diamara e Sibilla, che tuttavia la confortavano in merito allo stato di salute della bambina, sorvegliata a vista dalle consorelle della Congrega e protetta quotidianamente dagli incantesimi delle compagne. Se non altro, avevano permesso a Sibilla di posizionare l’incubatrice all’interno dell’ambulatorio con la testa della bambina rivolta verso est e il sorgere del sole.
Gli ammonimenti di Jeremiah erano stati messi in atto nel modo più atroce che Dunia avrebbe potuto immaginare, e lei cercava di recuperare ogni giorno di più le forze, in modo da poterlo convincere a raggiungere almeno l’incubatrice.
C’era Isis, là dentro. Era finalmente nata. A pochi passi da lei, da Elias, e non le era permesso neppure di vederla.
Fra i dolori e la rabbia repressa, Dunia progettava vendette nei confronti di Jeremiah, della Loggia e di tutto il creato. Li avrebbe fatti tutti a pezzi, come una baccante scatenata!

Difficile spaziare per l’intera evoluzione di un personaggio come questo in un piccolo post, ma il senso di tutta l’esperienza di Dunia sarà racchiuso in una specifica soluzione finale che la strega escogiterà per togliersi definitivamente dagli impicci. Ovviamente non posso rivelarvi qui l’arcano, ma potrete scoprirlo leggendo Le spose della notte, Luna di notte e La fine della notte.
Che la Dea la benedica

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